28 maggio, 2025

Come organizzare un workshop di co-progettazione per allineare i team aziendali

Lisa Lazzarotto

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Lettura 8 minuti

Come organizzare un workshop di co-progettazione per allineare i team aziendali
8:31

Quando i team non sono allineati, lo si avverte subito: obiettivi confusi, priorità discordanti, energie che si disperdono in riunioni inconcludenti.

Per ritrovare direzione e coerenza, la co-progettazione può venire in aiuto: un metodo che crea uno spazio di lavoro strutturato, dove le persone si confrontano, prendono decisioni e costruiscono soluzioni insieme.
Co-progettare non significa semplicemente “collaborare”; significa progettare in modo consapevole, rendere visibile il pensiero collettivo, far emergere priorità condivise. 

Il modo migliore per co-progettare è farlo attraverso il workshop: un momento condiviso dal team e caratterizzato da regole chiare, tempi definiti e obiettivi espliciti, in cui ogni partecipante ha un ruolo attivo. Non è una lezione frontale né una riunione dilatata nel tempo, ma un’esperienza pratica e guidata in cui il team lavora insieme per generare idee, prendere decisioni o mettere a fuoco un percorso.

In questo articolo raccogliamo una serie di buone pratiche, basate sulla nostra esperienza, per preparare, facilitare e rendere davvero efficaci i workshop di co-progettazione all'interno di un'organizzazione. 

 

Come preparare un workshop di co-progettazione efficace

Un workshop non si improvvisa. Richiede tempo, metodo e preparazione da parte di chi lo faciliterà e di chi, all'interno dell'organizzazione, lo sta proponendo e organizzando.

Chiarisci prima di tutto gli obiettivi. Cosa deve emergere dal workshop? Una decisione? Una serie di idee creative? Un Gantt? Un allineamento di visione? Definire lo scopo permette di scegliere le attività più adatte e tenere il gruppo concentrato su un risultato concreto.

Coinvolgi i partecipanti fin da subito. Prima ancora di incontrarsi in aula, è utile raccogliere input, mappare aspettative, segnalare il tema e spiegare il “perché” di quell’incontro. In questo modo si costruisce un terreno comune, ancora prima di iniziare.

Prepara il contesto e la location. Scegli uno spazio adatto al lavoro di gruppo: servono luce, aria (dopo 3 ore di discussione intensa non ti pentirai di aver scelto la stanza finestrata), pareti libere, sedie spostabili, uno o più tavoli di appoggio.

Se il workshop è da remoto, assicurati che tutti abbiano accesso alla piattaforma che hai scelto e sappiano come usarla: Miro o MURAL possono aiutare a collaborare anche a distanza. Considera che i workshop da remoto richiedono alcune attenzioni specifiche (per fare in modo che davvero tutti riescano a collaborare sulla piattaforma comune, per tenere alta l'attenzione, per creare sottogruppi di lavoro, ...) che in questo articolo accenniamo soltanto.


Costruisci un'agenda flessibile.
 Pianifica bene i tempi, ma prevedi margini per imprevisti o discussioni più lunghe. Alterna momenti di confronto a fasi operative, e non dimenticare le pause: non solo caffè veloci, ma stacchi veri e propri che aiutino a ricaricarsi. Offrire dei piccoli snack energetici non è una cattiva idea.

Prepara i materiali. Non servono tecnologie complesse: bastano lavagne, post-it, pennarelli, canvas stampati (o semplicemente disegnati a mano su fogli grandi). Ogni strumento che rende le idee visibili aiuta il gruppo a pensare meglio. La visualizzazione è una parte fondamentale della co-progettazione.

👉 Se vuoi approfondire, ne abbiamo parlato in questo articolo: I workshop con gli stakeholder: cosa sono e perché sono utili alle aziende

La foto mostra un momento di preparazione di un workshop di service design. Due ragazze stanno disegnando su un grande foglio bianco con pennarelli e matiteUn momento di preparazione di un workshop di service design

 

Strumenti e tecniche per facilitare un workshop

Non esiste un unico modo per facilitare un workshop, ma alcuni strumenti possono aiutare a dare struttura al confronto e guidare il gruppo verso risultati utili.

Usa canvas visivi. Value Proposition Canvas, Service Blueprint, Business Model Canvas, Empathy Map o schemi creati su misura per il progetto: servono a rendere i ragionamenti visibili e condivisibili. Quando tutto resta in testa o su fogli sparsi, si rischia di perdersi; mappare le idee aiuta a collegarle, discuterle e migliorarle.

👉 In questo articolo abbiamo parlato, ad esempio, di come mappare i gruppi di clienti con il modello di Abell

Scegli bene gli strumenti digitali. Se il workshop è online, piattaforme come Miro o MURAL sono indispensabili. Ma anche in presenza, digitalizzare fin da subito aiuta: si prendono appunti in diretta, si visualizzano mappe e si organizza tutto in un unico spazio. È un modo efficace per non perdere nulla e ottenere un output già pronto da condividere. Perché questo possa accadere senza intoppi o lunghe pause, il team di facilitazione deve avere al suo interno almeno due persone.

Coinvolgi con metodo. Brainstorming guidati, mappe mentali, matrice delle priorità, icebreaker mirati o esercizi di role play: ogni tecnica ha un obiettivo preciso. Alcune servono ad attivare il gruppo, altre a prendere decisioni, altre ancora a generare idee. Sceglile in base all'obiettivo del tuo workshop.

Coinvolgi chi decide. È fondamentale che nel gruppo ci sia almeno una persona con potere decisionale. Altrimenti, anche il miglior workshop può restare senza seguito. Avere il decisore al tavolo permette di scegliere sul momento, mentre le idee sono ancora calde.

Cura la gestione dei tempi. Usa timer visivi per scandire le attività, avvisa quando mancano pochi minuti, mantieni il ritmo senza correre. Il tempo è una leva importante per favorire la concentrazione e arrivare a un risultato.

👉 Se vuoi approfondire, con un esempio molto concreto, te lo raccontiamo qui: Cos'è il Brand Sprint: il metodo (veloce) che dà concretezza al brand

 

due ragazze ridono davanti a una lavagna verticale piena di post it colorati. I post it non sono perfettamente aderenti alla lavagna, un grande classico

Risate durante la facilitazione di un workshop nella nostra sede. Forse perché i post it continuavano a staccarsi?

 

Coinvolgere e motivare i partecipanti durante il workshop

Un workshop ben progettato può fallire se le persone non partecipano davvero. Non basta che siano lì: devono sentirsi parte del processo, percepire che il loro contributo conta e che quel tempo ha un valore concreto. Per questo, coinvolgere i partecipanti non è un dettaglio operativo, ma una responsabilità centrale per chi facilita.

Il lavoro inizia ancora prima di cominciare, creando un contesto in cui ognuno si senta legittimato a parlare. Le attività strutturate aiutano, certo, ma da sole non bastano. Serve attenzione continua: osservare chi prende la parola, chi si trattiene, chi ha bisogno di uno stimolo per entrare nel flusso. Le prime interazioni fanno la differenza. Bastano cinque minuti di una buona domanda, un piccolo esercizio per rompere il ghiaccio o una condivisione tra il team per cambiare l’energia con cui il gruppo si mette al lavoro. A volte partire con un vero e proprio gioco di icebraking porta sulla strada giusta.

Durante il workshop, è importante variare il ritmo. Alternare scrittura e voce, momenti di confronto e pause. L’attenzione non è costante: è un’onda, e va gestita. Quando il gruppo sente che l’andamento è pensato, che ogni fase ha un senso, si fida del processo e partecipa con più naturalezza.

workshop-design 1

Un momento di lavoro individuale durante un workshop : alternare momenti di condivisione con momenti di riflessione personale aiuta anche i partecipanti meno estroversi a presentare le proprie idee. 


A volte succede che qualcuno resti più silenzioso o fatichi a entrare in sintonia con il metodo. Va bene così. Forzare non serve: meglio creare le condizioni giuste e lasciare che ciascuno trovi il proprio spazio. E se un’idea arriva in ritardo, o emerge con difficoltà, non importa: spesso sono proprio quelle che spostano il punto di vista.

Un aspetto fondamentale è il riconoscimento. Non parliamo di premi o ringraziamenti plateali. Basta riflettere a voce alta su un contributo interessante, dare seguito a un’intuizione, mettere in evidenza un pensiero che ha aiutato il gruppo a fare un passo avanti. Le persone si attivano quando sentono che quello che dicono è ascoltato.

 

Come misurare il successo di un workshop di co-progettazione

Capire se un workshop ha funzionato non è sempre semplice. Alcuni risultati si vedono subito, altri emergono con il tempo. Ma ci sono segnali, indizi, tracce che permettono di valutare il valore reale dell’esperienza.

Il primo elemento da osservare è il risultato prodotto. Non parliamo solo di post-it colorati o canvas compilati, ma della qualità delle idee emerse, della chiarezza che si è creata, della direzione che il gruppo ha saputo prendere. Se alla fine del workshop le persone sanno meglio dove stanno andando, cosa hanno deciso e perché, allora qualcosa ha funzionato.

Anche il clima può dire molto. Un workshop efficace lascia una sensazione di lavoro ben fatto: fatica sì, ma anche soddisfazione, concentrazione, energia. È quel momento in cui le persone, uscendo dalla stanza, si fermano a parlare ancora, a riguardare ciò che è stato prodotto, a creare connessioni. Non accade sempre, ma quando succede è un buon segnale.

Poi c’è il feedback. Chiedere un riscontro a caldo, anche informale, è importante. Bastano un paio di domande: “Ti è servito?”, “Cosa ti porti a casa?”. Le risposte aiutano a capire cosa ha funzionato e cosa no. A volte emergono spunti preziosi per migliorare il format, altre volte semplici conferme che rafforzano il metodo.

Infine, c’è l’impatto nel tempo. Un workshop ben riuscito non si chiude con l’ultima attività. Produce materiale utile, prende forma in decisioni, alimenta progetti anche a lungo termine.

 

Per tirare le fila 

La co-progettazione funziona quando c’è un metodo, una preparazione solida e le persone giuste al tavolo. Richiede attenzione, ma restituisce chiarezza. Aiuta i team a trovare direzione, a decidere meglio, a costruire soluzioni che tengono conto di prospettive diverse. Non è una formula magica, ma un approccio concreto per affrontare problemi reali. E quando è progettata con cura, fa davvero la differenza.

 

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