23 febbraio, 2024

User research: l'antidoto ai bias cognitivi che non sapevi di avere

Valeria Matacchieri

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Lettura 8 minuti

Avete presente quando qualcuno al ristorante decide di ordinare per tutti, pensando di sapere quale sia la scelta migliore anche per gli altri? Questo comportamento, che molti di noi hanno sperimentato almeno una volta e spesso spinto dalle migliori intenzioni, è un classico esempio di bias egocentrico. Pensiamo di conoscere le preferenze altrui, basandoci sulle nostre, trascurando che ognuno ha gusti e desideri unici. Questo tipo di presupposizione non si limita agli ambiti sociali, ma si estende anche al business, con conseguenze ben più significative.

Ad esempio, alcuni giorni fa, durante una sessione di brainstorming per il riposizionamento strategico di una media azienda per tracciare una nuova identità che risuonasse con il mercato attuale, ho suggerito di inserire nel processo una survey per comprendere l'identità e il posizionamento dell'azienda percepiti dai dipendenti, oltre che dai clienti. La responsabile marketing ha subito espresso delle riserve: era convinta di sapere già cosa sarebbe emerso, presupponendo implicitamente che i feedback potessero essere negativi. Questa situazione riflette un chiaro esempio di bias egocentrico traslato nel contesto aziendale, dove la convinzione di conoscere in anticipo le opinioni altrui può oscurare preziose opportunità di apprendimento e crescita.

Sebbene non fosse il momento né il luogo per etichettare il pensiero della responsabile marketing come un sintomo classico di bias, la conversazione mi ha offerto l'opportunità di sottolineare quanto i dipendenti siano cruciali come primi ambasciatori del brand e quanto sia vitale comprendere il loro percepito per costruire fondamenta solide per il futuro dell'azienda.

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Il profondo impatto dei bias cognitivi nel business

I bias cognitivi sono errori sistematici nel modo in cui percepiamo e interpretiamo il mondo intorno a noi. Il bias egocentrico ci fa credere che le nostre opinioni, le nostre esperienze, siano universali, mentre il bias di conferma ci spinge a cercare e dare peso solo alle informazioni che confermano le nostre preesistenti convinzioni. La combinazione tra il bias egocentrico e il bias di conferma diventa particolarmente pericolosa perché crea una sorta di "camera di eco" in cui le informazioni contrarie vengono sistematicamente ignorate o svalutate, rinforzando così convinzioni potenzialmente errate o limitate. In questo scenario, le persone o le organizzazioni possono diventare cieche ai segnali di cambiamento e alle nuove opportunità, rimanendo intrappolate in un ciclo di autoconferma che impedisce la crescita e l'innovazione.

Un esempio classico di come questa combinazione possa essere dannosa si trova nel settore tecnologico, dove un'azienda può continuare a investire in un prodotto che ritiene rivoluzionario, basandosi sulle proprie convinzioni interne e sul feedback positivo di un ristretto gruppo di early adopter che condividono una visione simile. Questo approccio ignora sistematicamente qualsiasi critica o segnale di disinteresse proveniente da una porzione più ampia del mercato, che potrebbe non vedere il valore del prodotto o avere esigenze diverse. Il risultato può essere un fallimento costoso quando il prodotto viene lanciato su larga scala, scoprendo troppo tardi che ciò che l'azienda riteneva essere un bisogno universale era in realtà un'eco delle proprie convinzioni non condivise dal mercato di massa.

Nel mondo frenetico dei social media, il bias di conferma trova un terreno particolarmente fertile. Gli algoritmi di piattaforme come Facebook ci circondano di echi delle nostre opinioni, isolandoci in camere d'eco digitali dove raramente incrociamo idee che sfidano le nostre convinzioni. Questo fenomeno, sebbene prevalente nel nostro tempo libero, ha implicazioni dirette anche nel business, dove l'eco delle opinioni non contestate può portare a una visione miope del mercato e dei bisogni dei clienti.

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I bias cognitivi non sono semplici capricci mentali; sono profondamente radicati nel nostro modo di processare le informazioni. Il bias egocentrico e il bias di conferma non solo offuscano la nostra capacità di vedere le cose da prospettive diverse, ma possono anche condurre a decisioni aziendali che ignorano le reali necessità e percezioni degli stakeholder.

La natura insidiosa dei bias cognitivi risiede nella loro radice inconscia: questi pregiudizi operano al di sotto del livello della nostra consapevolezza, influenzando decisioni e percezioni senza che ce ne rendiamo conto. Da un punto di vista scientifico, i bias sono il risultato di meccanismi di difesa cerebrali evolutisi per semplificare l'elaborazione delle informazioni in un mondo complesso. Il nostro cervello, costantemente alla ricerca di scorciatoie per ridurre il carico cognitivo, tende a fare affidamento su esperienze passate, emozioni e informazioni parziali per prendere decisioni rapide. Questo processo, sebbene efficiente, può portare a distorsioni significative nella nostra interpretazione della realtà. La ricerca nel campo della psicologia cognitiva ha dimostrato che tali bias non sono solo comuni ma anche estremamente difficili da superare, anche quando gli individui sono consapevoli della loro presenza. 

Questo rende ancora più cruciale l'adozione di strumenti esterni, come la user research, per aiutarci a vedere oltre i confini del nostro punto di vista limitato, fornendoci una bussola per navigare attraverso le nostre preconcezioni inconsce verso decisioni più obiettive e inclusive.

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La user research come antidoto ai bias di cui non siamo consapevoli

La user research emerge come strumento fondamentale per superare questi ostacoli cognitivi. Attraverso l'adozione di pratiche di ricerca incentrate sulle persone, le aziende possono scoprire insight preziosi che altrimenti rimarrebbero nascosti. Metodi come interviste qualitative, focus group, osservazioni sul campo, test con gli utenti e analisi qualitative dei dati offrono una visione più chiara e sfaccettata delle esigenze e delle percezioni dei clienti e degli stakeholder in genere, illuminando il cammino verso decisioni strategiche più informate.

Adottare la user research non significa soltanto raccogliere dati: significa impegnarsi in un dialogo costante con il mercato e con le persone che lo compongono. Questo impegno trasforma le ipotesi in conoscenza, i pregiudizi in comprensione, guidando l'azienda verso decisioni più eque, inclusive e, soprattutto, efficaci.

La user research è un viaggio nell'empatia e nella comprensione profonda degli altri. Grazie ad essa possiamo scardinare le nostre preconcezioni e scoprire verità sorprendenti sui nostri clienti, i nostri dipendenti e sul mercato stesso.

Facciamo degli esempi.

 

1. Individuare il vero focus di un servizio

Un caso emblematico dell'efficacia della user research si trova nell'esempio di un'azienda operante nel settore dei servizi finanziari, che inizialmente puntava a sviluppare una nuova piattaforma digitale per semplificare gli investimenti per i giovani adulti. Attraverso sessioni di user research, l'azienda scoprì che il vero ostacolo per il loro target di riferimento non era la complessità degli strumenti di investimento esistenti, ma piuttosto una profonda mancanza di conoscenza finanziaria di base che rendeva i giovani adulti intimoriti all'idea stessa di investire. Questo insight portò l'azienda a ripensare il suo servizio, spostando il focus dallo sviluppo di una nuova piattaforma a quello dell'educazione finanziaria, che si rivelò essere la chiave per attirare e coinvolgere il loro pubblico di riferimento.

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2. Evitare investimenti in idee non premiate dal mercato

La user research può anche salvare le aziende dall'investire in prodotti o servizi che, sebbene attraenti in teoria, non incontrano l'interesse del mercato. Prendiamo il caso di un'azienda di elettronica di consumo che era profondamente innamorata del concetto di un dispositivo indossabile dotato di una vasta gamma di sensori per monitorare la salute. Prima di procedere con lo sviluppo costoso e intensivo, l'azienda condusse una serie di interviste e test con potenziali utenti, scoprendo che la maggior parte delle persone non si sentiva a proprio agio all'idea di essere costantemente monitorate o semplicemente non vedeva il valore aggiunto rispetto ai dispositivi e alle app già disponibili. Questa ricerca preventiva permise all'azienda di evitare un significativo spreco di risorse e di riorientare i suoi sforzi verso prodotti più in linea con le aspettative e i desideri reali del suo pubblico.

 

3. Riorientare la relazione con i clienti e promuovere cultura

Un altro caso studio particolarmente interessante in cui mi sono imbattuta di recente riguarda un noto marchio di alimenti per cani, che si trovava ad affrontare critiche relative alla produzione di cibi che contribuivano al sovrappeso degli animali. La reazione iniziale dell'azienda fu quella di puntare sull'innovazione, progettando un dosatore digitale capace di monitorare l'attività fisica dei cani e regolare di conseguenza la loro dieta. Tuttavia, una ricerca condotta tra i proprietari di animali domestici ha portato alla luce una realtà inattesa: il cuore del problema non era tanto un deficit di controllo o una mancanza di consapevolezza sulle esigenze nutrizionali dei cani, quanto piuttosto un comportamento radicato nei proprietari, che tendevano a usare il cibo come principale veicolo di espressione dell'affetto verso i loro amici a quattro zampe. Questo comportamento instaurava un circolo vizioso di gratificazione reciproca che, sebbene nato da buone intenzioni, aveva ripercussioni negative sulla salute dell'animale.

Questa scoperta ha indotto l'azienda a riconsiderare radicalmente la propria strategia, spostando l'attenzione dallo sviluppo tecnologico all'elaborazione di campagne educative volte a influenzare positivamente le abitudini dei proprietari. Attraverso articoli sul blog, altri materiali informativi, workshop e collaborazioni con veterinari, l'azienda ha iniziato a promuovere pratiche di alimentazione più sane, evidenziando come l'affetto possa essere dimostrato in modi che non compromettano il benessere degli animali. 

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Questi esempi dimostrano come la user research:

  • aiuti a correggere i bias cognitivi, fornendo una visione più chiara e obiettiva delle esigenze degli utenti 
  • permetta di identificare le vere cause dietro ai problemi percepiti, orientando le organizzazioni verso soluzioni che affrontino le radici comportamentali delle questioni, promuovendo una cultura di responsabilità e cura più profonda tra i consumatori.
  • offra l'opportunità di riorientare le strategie aziendali verso soluzioni più innovative e sostenibili. Investendo nell'ascolto e nell'osservazione dei propri utenti, le aziende possono scoprire percorsi inaspettati verso il successo, evitando al contempo il rischio di seguire ciecamente percorsi dettati da convinzioni interne non verificate.

 

Implementare la user research in azienda

Incorporare la user research nella strategia aziendale richiede più di un semplice cambio di mentalità; richiede un impegno concreto verso la curiosità e l'apertura. Iniziare può essere semplice come organizzare sessioni di ascolto con i dipendenti o condurre interviste con i clienti su base regolare. L'obiettivo è raccogliere insight non filtrati che possano guidare decisioni informate e innovative.

Incoraggiare una cultura aziendale che abbraccia la user research significa costruire un futuro in cui le decisioni sono guidate da dati reali e empatia, piuttosto che da supposizioni non verificate. È un invito a guardare oltre il confine del noto, esplorando il vasto e ricco panorama delle esperienze umane. Per imprenditori e responsabili marketing, questo non è solo un imperativo etico ma una strategia vincente per navigare le complessità del mercato moderno.

 

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