Il logo è un elemento grafico fondamentale nell'identità di marca: se ben progettato, è in grado di cogliere l'essenza del brand e di renderlo riconoscibile. Il segreto (ma anche la difficoltà) sta proprio nel riuscire a comunicare i tratti distintivi dell'azienda in poco spazio.
Ho parlato dell'argomento durante un Live Q&A dedicato al logo, rispondendo ad alcune domande sulle sue caratteristiche e sulla sua utilità:
In questo post riprenderò i punti chiave della diretta. Per orientarvi meglio nella lettura, ecco un elenco dei contenuti:
- A cosa serve un logo?
- Dal brief alla realizzazione: come nasce un logo?
- "Funziona" davvero o no? Come faccio a capirlo?
- Quanto costa un logo?
- Tiriamo le fila
A cosa serve un logo?
Mi piace definire il logo come una stretta di mano.
Pensateci: le strette di mano non sono tutte uguali, variano da persona a persona. Dall'enfasi o meno che ognuno di noi mette nello stringere la mano possiamo già sviluppare una prima impressione sul suo conto.
Il logo ha la stessa funzione: serve a presentare un'azienda, un prodotto, un servizio. Ma non solo, è in grado anche di suscitare delle sensazioni e delle emozioni.
Sulla base del logo (quindi della prima cosa con cui entriamo in contatto di quella organizzazione) ci facciamo un'idea di come il brand potrebbe essere e di come potrebbe porsi nei confronti dei competitor e del mercato. La sensazione poi potrà essere confermata o smentita, ma, come spesso si dice, non esiste una seconda prima impressione.
Dal brief alla realizzazione: come nasce un logo?
1. Il brief con il cliente
Tutto inizia con un'intervista con il cliente o, meglio ancora, con un workshop (lo chiamiamo Brand Sprint, adattato dall'originale proposto da Jake Knapp).
Siamo alla ricerca di risposte a queste domande fondamentali:
- Cosa fa, come lo fa e, soprattutto, perché lo fa (si chiama il Golden Circle, da un'idea di Simon Sinek)?
- Qual è il suo posizionamento desiderato?
- In che scenario si muove, cioè qual è il posizionamento della concorrenza?
- Dove vuole arrivare nel breve, medio e lungo periodo?
- Che personalità vuole esprimere?
- Quale messaggio, quale storia vuole raccontare?
Il logo nasce da qui. Non è la rappresentazione didascalica di queste risposte, ma le incarna, le suggerisce, è coerente con la direzione che il cliente ha in mente per la propria realtà.
2. La fase di ricerca
La ricerca stilistica "nutre" la fase divergente del processo e ispira la creatività: cosa fanno i competitor? Cosa sta succedendo nella industry di cui fa parte il cliente? Ci sono dei trend particolari a cui prestare attenzione? È il momento di "rompere" le regole o di seguirle?
In questo momento si rifletterà in particolare sul ruolo del colore e sulla scelta dell'eventuale font.
L'importanza del colore
In tema di percezione, il colore gioca un ruolo molto importante perché è in grado di suscitare emozioni e sensazioni specifiche. Ogni colore comunica e trasmette una sensazione, andando a parlare al nostro lato emotivo e pre-razionale.
È fondamentale studiare e conoscere il significato dei diversi colori, per evitare di dare l'impressione sbagliata con il proprio logo.
Facciamo qualche esempio. Prendiamo il logo di McDonald: i colori utilizzati sono il rosso e il giallo. Nello specifico, il rosso stimola l'appetito, mentre il giallo comunica positività. Si tratta di due colori che, se ben bilanciati insieme, creano una sinergia.
Il rosso, però, è un colore molto forte che stimola anche l'aggressività. Perciò, se è vero che da un lato stimola l'appetito, è altrettanto vero che sarebbe meglio evitare la scelta di questo colore per pitturare le pareti della propria cucina.
Di che colore sono di solito le corsie degli ospedali? Si prediligono tinte che donano serenità e rilassatezza, come l'azzurro o il verde acqua. Non certo il rosso o il giallo.
Fonte: emmemedia
Le font e il loro "carattere"
La scelta della font deve essere sempre accurata: nulla deve essere trascurato o lasciato al caso. Tutte le informazioni e i dati che abbiamo ricavato dalla fase di ricerca tornano utili anche per decidere quale sia la font più adatta.
Quali sono gli aspetti da valutare in questo caso?
- Che tipo di font usano i competitor di riferimento;
- Le caratteristiche demografiche del target: a che fascia di età si rivolge il brand, il prodotto o il servizio? Di conseguenza, la font come deve essere? Tradizionale o giovanile? Giocosa o rassicurante? Lo stesso ragionamento è da fare se il brand è dedicato in particolare a un pubblico maschile o femminile.
- Bisogna avere ben chiari i tratti distintivi dell'azienda, del prodotto o del servizio: la font esprime un carattere non solo in senso estetico (inteso proprio come carattere tipografico) ma anche una personalità;
- È importante avere presente quali sono i trend del momento e quindi essere aggiornati sulla loro evoluzione.
La freschezza di un logo è fondamentale e se il marchio deve essere "svecchiato" si procederà alla sua modernizzazione. Apriamo una piccola parentesi su questo punto: quando una font è considerata moderna? Anche le font degli ultimi 20-30 anni possono esserlo, l'importante è che il carattere si sposi al meglio con il simbolo (se è previsto). Infatti, queste due componenti viaggiano di pari passo e non bisogna commettere l'errore di ragionare a compartimenti stagni: nel momento in cui si progetta il logo è bene visualizzare già la font da utilizzare.
Infine, quando si studia una font da inserire all'interno del logo può essere utile fare delle prove di contrasto. Si tratta di veri e propri test fatti per valutare se il contrasto tra gli elementi può funzionare consentendo di mantenere un certo equilibrio. Per esempio, si può valutare un simbolo più spesso e una font sottile oppure, al contrario, un simbolo esile e una font più vigorosa.
I contrasti che funzionano molto bene (potremmo dire 7 volte su 10) sono quelli tra nome e payoff, perché consentono di creare dei piani di lettura. Possiamo effettuare varie prove di contrasto tra dimensioni e spessore, assicurandoci di rispettare sempre tutte le regole di leggibilità.
Per sottolineare quanto la scelta della font sia rilevante, vi propongo un simpatico progetto del designer Emanuele Abrate che sostituisce il nome dei brand con quello della loro font. Li riconoscete ancora tutti, vero?
3. La fase convergente: la nascita del logo
Dopo una fase di ricerca e ispirazione arriva il moneto della sintesi. È la fase più difficile: ogni brand e ogni organizzazione hanno una storia da raccontare, che può essere anche molto complessa e articolata. Hanno degli obiettivi e dei valori che incarnano. Hanno una loro personalità unica, proprio come se fossero delle persone.
Rappresentare tutto è impossibile, la cifra del designer sta nel riconoscere i (pochi) tratti essenziali e lavorare su questi. Per questo il lavoro iniziale con il cliente è essenziale.
Prendiamo due esempi: il primo è il logo di Nike. A oggi è un segno inconfondibile che conosciamo e riconosciamo tutti, ma forse pochi sanno che la sua prima versione fu pagata 35 dollari a una studentessa che lo realizzò nel 1971.
Lo swoosh è un perfetto esempio di sintesi: comunica velocità, movimento e vittoria. Come infatti suggerisce il nome stesso, il segno dinamico richiama un'ala della Nike di Samotracia, rappresentazione allegorica della vittoria.
Per il secondo esempio di sintesi guardiamo in casa: abbiamo recentemente realizzato il logo per il Castello di San Pelagio, villa settecentesca da dove il poeta D’Annunzio decollò insieme ai suoi fedelissimi per compiere il memorabile volo su Vienna. Sede del Museo del Volo e di un meraviglioso parco, la sfida era quella di enfatizzare la storia e le caratteristiche di una struttura unica nel panorama delle ville venete.
Il nuovo logo riflette nella tipografia gli elementi distintivi del Castello. La S rappresenta un’elica mentre la P indugia sul merlo, elemento architettonico della torre medievale:
La palette colori riprende i toni del verde e del rame, caratteristici di tutta la struttura.
4. Il manuale di utilizzo (o brand manual)
Una volta realizzato il logo non ci limiteremo solo a consegnare il file nel formato più adatto, ma forniremo al cliente anche un manuale di utilizzo. Si tratta di uno strumento fondamentale con tutte le indicazioni per utilizzare il logo al meglio e renderlo efficace e leggibile in ogni situazione. Inoltre, è bene riportare anche i casi di uso scorretto, per evitare errori.
Lo scopo di questo manuale è di dare delle indicazioni pratiche per assicurare continuità e coerenza nelle varie applicazioni del logo.
"Funziona" davvero o no? Come faccio a capirlo?
Un logo che funziona e che quindi mantiene le aspettative di riconoscibilità del brand deve avere alcune caratteristiche particolari. Un logo deve essere:
- sintetico e immediato: non deve essere troppo carico di colori, sfumature o segni complessi da leggere e riconoscere;
- replicabile in qualsiasi circostanza: è importante che il logo funzioni bene non solo con i colori istituzionali su sfondo bianco (cioè la migliore condizione di lettura possibile) ma anche, per esempio, in negativo;
- "responsivo": deve essere leggibile in tutti i suoi elementi sui diversi supporti in cui viene riprodotto, dal più grande al più piccolo (dall'affissione alla penna);
- in linea con la personalità e la voce del brand: il logo di un ristorante che sceglie di presentarsi come esclusivo, elegante e d'avanguardia sarà sostanzialmente diverso da quello di un altro ristorante che invece si rivolge a un pubblico di famiglie con bambini.
Come abbiamo capito, la percezione gioca un ruolo molto importante ed è legata a specifiche parti del nostro cervello. La corteccia visiva primaria ci fa percepire per prima una serie di colori e di sfumature in qualche decimo di secondo. Sono questi i primi stimoli che il nostro cervello elabora.
Nella fase successiva la corteccia visiva mette a fuoco le forme e da qui in poi entrano in gioco il lobo prefrontale e la memoria.
Con la memoria riusciamo ad associare lo stimolo visivo a qualcosa che già conosciamo.
Quindi, ad esempio, riconosceremo i loghi di Target, Nike e McDonald's e li assoceremo prima al brand e poi ai prodotti che propongono.
Fonte: exelab.com
Questo concetto è fondamentale perché è qui che si crea la fidelizzazione, cioè quando vediamo un marchio e subito lo riconduciamo al prodotto.
Dal simbolo, quindi, arriviamo alla storia.
Quanto costa un logo?
Non è possibile stilare un "prezzario" standard, però è possibile ragionare sui fattori che costruiscono il prezzo finale:
- La capillarità e la diffusione: è un logo per un brand locale o internazionale? È destinato a un mercato B2C o B2B?
- E quindi il livello di ricerca necessario per arrivare a una proposta: ad esempio, se ci si vuole distinguere in un mercato complesso e saturo sarà più complesso trovare una soluzione rispetto a un mercato ancora povero di competitor;
- È da creare da zero o si tratta di un restyling?
- Il marchio, con il suo naming e il suo payoff, esiste già e bisogna "solo" progettare un segno grafico o è un lavoro di branding completo?
- C'è la necessità di creare un'intera famiglia di loghi?
Tutto questo influisce sul prezzo finale. Se la preoccupazione economica è legittima, la nostra attenzione dovrebbe però essere rivolta all'unica domanda che conta: non tanto "quanto mi costa", ma " quanto mi renderà?" nel tempo?
Tiriamo le fila
Il logo è il carattere distintivo che rappresenta un brand, un prodotto o un servizio. Proprio perché si tratta di un elemento fondamentale per l'identità di marca, è importante che la sua ideazione e progettazione sia studiata con cura e attenzione ai dettagli.
Non dimentichiamoci mai che un logo deve raccontare una storia ed emozionare. Non deve limitarsi a una stretta di mano salda e forte con cui fare una buona prima impressione, ma deve incarnare i valori e l'anima del brand in modo coerente.