In questa intervista abbiamo fatto due chiacchiere con un esperto di UX design, Stefano Bussolon per capire che cosa sono i bias cognitivi e perché, come designer, ma non solo, ne dovremmo tenere conto.
I bias cognitivi
Che cosa sono i bias cognitivi?
I bias cognitivi sono degli errori di sistema, risultato di processi euristici, scorciatoie mentali che usiamo per prendere decisioni.
Gli esseri umani non sono dei decisori razionali, come sostiene l’economia classica: le persone per scegliere adottano delle euristiche, delle scorciatoie di pensiero che permettono di arrivare a delle soluzioni ragionevolmente buone, ma non iper-razionali.
Non dobbiamo pensare, però, ai bias come a dei difetti di fabbrica. Tendiamo a fare degli errori sistematici perché nel corso dell’evoluzione ci hanno salvato la pelle. Un esempio è il bias dell’avversione alle perdite: l’avversione verso la perdita è maggiore rispetto alla gioia del guadagno. In termini più semplici in perdita siamo molto più preoccupati di quanto saremmo contenti nel guadagno.
Non è razionale a meno che non lo valutiamo nell’ottica della sopravvivenza: se una formica guadagna il 20% di più delle provviste, sicuramente passerà un inverno migliore; se perde il 20% delle scorte, rischia di non sopravvivere all’inverno.
Attenzione però: i bias possono essere sfruttati in maniera poco etica. Stiamo parlando dei dark patterns, ovvero tecniche sleali, espedienti che ci inducono a scelte inconsapevoli o a deduzioni sbagliate, ad esempio con la posizione o l’uso di determinate parole, la spunta di default di alcune caselle ecc…
Nel mondo dell’UX design sono un fenomeno conosciuto e talvolta sfruttato, ma oltre ad un problema di etica, si pone anche un problema di efficacia a lungo termine: se, ad esempio, una persona si rende conto che si è ritrovata destinataria di una newsletter perché la casella era spuntata in automatico, non rimarrà iscritta. A breve termine il comportamento poco etico può risultare vincente, ma è molto probabile che nel medio/lungo termine metta a rischio la fiducia e la credibilità.
Quando e come i bias sono coinvolti
In quali situazioni emergono i bias cognitivi?
Tipicamente le situazioni in cui si presentano dipendono dai seguenti fattori:
- Troppe informazioni da elaborare: già negli anni ‘50-’60, Herbert Simon aveva coniato il termine “Satisficing” che si riferisce alla strategia cognitiva che cerca di soddisfare i criteri di adeguatezza, piuttosto che individuare la soluzione ottimale.
Ciò può essere sfruttato: possono esistere delle soluzioni di design che aiutano le persone a decidere (ad esempio i filtri di ricerca). Il supporto tecnologico ci aiuta a colmare le nostre risorse limitate permettendoci di fare qualcosa che è sostanzialmente razionale.
- Analisi di informazioni non salienti: paradossalmente si è soggetti a dei bias perché si analizzano anche informazioni non salienti. Abbiamo una visione di insieme delle cose, mentre dovremmo astrarre la situazione.
Il designer può aiutare la persona a decidere rendendo meno salienti gli aspetti meno rilevanti e così guidando alla focalizzazione sugli elementi che sono importanti per quella scelta. - L’emotività: in alcune circostanze intervengono le emozioni, positive o negative, che impediscono di vedere razionalmente una situazione e fare la scelta migliore. Nel momento in cui diventa difficile fare la scelta giusta, sarebbe importante per il designer de-enfatizzare gli aspetti emotivi, oppure riconoscerli e mettervi ordine per aiutare le persone a fare scelte razionali. A questo proposito Valeria ha portato l’esempio di un nostro prodotto: una guida per il caregiver che deve scegliere per la prima volta una struttura dove trasferire un parente anziano. E’ stata realizzata prendendo in considerazione un insieme di esigenze che i caregiver e i pazienti hanno rivelato in una serie di interviste che abbiamo condotto. Queste esigenze sono state poi trasformate in criteri-guida per fare una scelta consapevole e togliere una parte del peso emotivo a coloro che devono effettuare una scelta in poco tempo.
Il designer, i bias, l’etica e la fiducia
In questi casi il designer si può trovare di fronte alla possibilità di offrire soluzioni agli utenti e creare un rapporto di fiducia?
Davanti a una scelta possiamo identificarci in 3 categorie:
- L’utente A: ha già scelto prima. Per abitudine, perchè si è informato prima o perchè sa già quello che vuole, ma ha preso la sua decisione;
- L’utente B: non ha già scelto, ma conosce i criteri di scelta. Non sa nello specifico cosa vuole, ma può sapere cosa non vuole o avere qualche caratteristica o criterio specifico che vuole seguire;
- L’utente C: non ha scelto e non ha neppure chiari i criteri di scelta. Tipico delle persone che si trovano di fronte ad esperienze nuove;
In quest’ultimo caso si presentano più possibilità per portare a termine la decisione:
- Qualcun altro sceglie per me. Non è detto che non sia etico se la persona che sceglie per me è in buona fede e ha gli strumenti per poterlo fare.
- Qualcuno mi dà una “spintarella” nella scelta da intraprendere. Entra, qui, in gioco il concetto di nudging (spintarella): dare la possibilità di scegliere, ma allo stesso tempo dare di default un’opzione che è quella che probabilmente sarà meglio per te.
Uno dei limiti del nudging, però, è che ci si chiede se questo è legittimo oppure no, anche se porta conseguenze positive per l’utente, poiché nel momento in cui si ripresenta la scelta libera non si è in grado di prendere una decisione e si rischia di cadere nel tranello o in un dark pattern;
C’è una terza alternativa, quella che gli user experience designer possono portare: trasformare la persona da utente C a utente B. Non è detto che sia un approccio efficace quanto il nudging, ma aiuta le persone ad essere più consapevoli ed è eticamente più corretto perché permette di attuare un processo di pensiero. Fa capire alle persone cos’è importante, per far arrivare a qualcosa che minimizzi gli aspetti negativi e massimizzi gli aspetti positivi. Può essere lo stesso una scelta dolorosa, ma l’emotività o l’ostacolo sono quantomeno ridotti e nel frattempo l’azienda ha guadagnato la fiducia dell’utente perché è stata trasparente e non ha applicato un dark pattern.
Il messaggio
- L’uomo non è un essere completamente razionale, e meno male!
- I bias ci rendono umani;
- Le persone sono sempre più consapevoli di queste scorciatoie, infatti è stato dimostrato che alcune strategie non funzionano più come una volta;
- Parliamone! Parliamo dei bias, dei loro vantaggi e svantaggi, delle risorse che sono per noi. Siate sempre trasparenti per guadagnarvi e mantenere la fiducia dell’utente.
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